Laboratorio
Scrittura autobiografica
Docenti: Ione Candotti e Marisa Del Ben
8 incontri settimanali della durata di 2 ore
Sede: Casa delle Associazioni a Conegliano, in via Maset 1, 3°piano (possibile uso ascensore)
Orario:
A partire da:
Costo: € 45
La partecipazione non richiede precedenti o particolari esperienze/competenze di scrittura. Ciascuno potrà decidere se condividere gli scritti prodotti in totale libertà e rispetto reciproco.
Il taccuino dei ricordi
La scrittura e in particolare la scrittura autobiografica, il racconto di episodi della propria vita o dell’intera propria vicenda esistenziale, permettono di prendere consapevolezza della propria esperienza e darle un ordine, di recuperare e rielaborare memorie di persone, luoghi, sensazioni, emozioni, di individuare relazioni di senso nella propria storia personale.
Condividere queste esperienze in un gruppo che offra ascolto empatico e sospensione di giudizio consente di confrontarsi con l’altro, di assumere punti di vista diversi, che aprono a nuove significazioni e possibilità interpretative del proprio vissuto e della propria vicenda esistenziale.
Obiettivi
- Recuperare e rielaborare memorie di persone, luoghi, oggetti, sensazioni, emozioni della propria esperienza di vita
- Individuare/tracciare relazioni di significato
- Aumentare la consapevolezza di sé
- Sviluppare un atteggiamento di riconoscimento dell’altro e di ascolto non giudicante
Metodo
Attraverso l’utilizzo di fotografie, oggetti personali, stimoli letterari, audiovisivi, artistici, musicali si proporranno momenti di scrittura autobiografica, che verrà condivisa con il gruppo attraverso la lettura a voce alta degli scritti individuali.
Le scritture individuali si alterneranno ad esercizi di presa di coscienza e ascolto del proprio corpo.
Attività individuale, a coppie, in piccolo e grande gruppo.
Nella prima fase si produrranno scritture brevi e frammentarie per poi arrivare a narrazioni più complesse e organizzate e alla creazione finale individuale di un testo o di una raccolta di testi autobiografici.
Docenti
Ione Candotti (insegnante di Lettere in pensione) e Marisa Del Ben (fisioterapista) sono esperte in metodologie autobiografiche, avendo completato i corsi della Scuola triennale presso la Libera Università dell’Autobiografia di Anghiari.
Saggio di fine anno maggio 2024
Immagini
Letture
Fino all’anno scorso non scrivevo mai, anzi la scrittura in qualche modo mi spaventava, mi rendeva insicura. Poi ho iniziato a lasciare che la penna mi suggerisse le parole, senza la pretesa che poi le avrei lette a qualcuno.
I miei ricordi, la mia vita
Arrivano all’improvviso, ti commuovono, ti emozionano, ti fanno soffrire e rammaricare, ti spaventano a volte. Arrivano con un profumo, un sapore, qualche nota musicale. Se poi frequenti un corso di scrittura, eccoli lì che si affollano nel cervello e sulla punta della penna, quante tracce conserviamo della nostra infanzia, dei sogni dell’adolescenza! Devi staccare la penna dal foglio perché la mano è esausta nell’elencarli, analizzarli, descriverli. Poi a tratti sbiadiscono, spariscono e non riesci a conservarli. E allora li scrivi, qui, adesso.
Una gita in montagna
Era il marzo del 1967. Avevo circa 8 anni. Un evento straordinario. Una gita in montagna con tutta la mia famiglia composta da mio padre, mia madre e i miei due fratelli di 5 e 12 anni. Ci accompagnava lo zio Toni con la moglie e i miei due cugini, nostri coetanei. Ero l’unica bambina.
Ricordo una bella giornata, la prima volta che vedevo una collina, la sensazione strana della salita e quella divertente della discesa. E lì in mezzo al verde, alle risate degli adulti ed in un’atmosfera gioiosa mi sono messa a correre. Avevo il vestitino della festa e per non rovinarlo l’ho tolto rimanendo con la sola camiciola.
Ricordo un grande divertimento e un gran senso di libertà. L’unico pericolo una corsa sfrenata in discesa bloccata da mio fratello.
Il giorno seguente ho sentito mio padre rimproverare mia madre per il mio comportamento da ” maschiaccio ” ed il fatto che fossi rimasta con la sola sottoveste era poco adatto ad una bambina. In quel momento mi sono sentita mortificata ed ho ritenuto ingiusta questa differenza di trattamento rispetto ai miei fratelli.
In fin dei conti anche loro si erano tolti la maglietta ed erano rimasti in canottiera! Nasceva in me la protesta femminista.
Lettera al personaggio. “Il terapista” di Rene Magritte
Buongiorno “senzavolto”, come va? Mi sembri un po’ stanco, devi aver camminato molto …
Eh sì e, ancora, ho tanta di quella strada da fare … , ma intanto mi fermo un po’ qui.
Ti assicuro, per riposare questo è il posto giusto. Voltati e, dimmi, cosa vedi?
Eh, fai presto a dire, tu.
Cosa vuoi che veda con questa gabbia che mi ritrovo al posto della faccia. Ma, prima o poi, (sarebbe molto meglio prima, a dir la verità), prima o poi troverò una faccia che … faccia al caso mio!
Ti capisco, davvero. Io ho cercato a lungo il mio volto, e l’ho trovato, lo vedi anche tu. Ma, a volte, mi guardo attentamente allo specchio e alcuni tratti non li riconosco, non mi sembrano miei. Mah… vai a capire.
So, so cosa vuoi dire.
Dovrei aprire questa gabbia e liberare nuovi pensieri, emozioni, e ricordi …, ma ho perso la chiave della porticina e non la trovo da nessuna parte. Chissà dov’è finita?
Dai, dai, cerca bene. Guarda sotto il cappello, tra le pieghe del mantello, nelle tasche delle braghe (rivoltale), slaccia i lacci della sacca (svuotala), togli anche le scarpe (va là), le rimetterai per riprendere la strada.
Praticamente, mi stai dicendo di spogliarmi. Sei matto. Io sono un tipo freddoloso e, se mi becco un raffreddore?
Ma cosa dici? Fuori è primavera. È tempo di uscire e i pensieri aspettano di volare!
E ora, scusami, ma ti devo salutare.
Aspetta, aspetta.
Non ricordo il tuo nome, fammi memoria.
Il mio nome?
Lo faccio scegliere a te, perché io ne ho almeno tre!
Memorie sensoriali
Lo” swissh swissh “delle ruote della bici sull’ asfalto bagnato.
Lo scricchiolio della ghiaia, o il fruscio delle foglie secche, passo dopo passo. Lo schianto del ciocco di legno nella stufa, avvolto dalle fiamme.
Lo sfrigolio del soffritto, il borbottio della pentola di fagioli, il “ tatatà” del coltello che trita il prezzemolo.
Il ploch (!) della goccia dal rubinetto che perde.
Il crach (!) di un piatto che cade a terra ( o che viene lanciato dalla finestra …)
Il rocchetto di filo viola
Il rocchetto di filo mi accende l’immagine di una donna anziana che cuce.
Nella mia famiglia l’unica in grado di cucire era la nonna Angelica. Aveva sempre cucito sin da giovane, per arrotondare lo stipendio modesto del nonno.
Nei miei ricordi nonna cuce sempre e solo per me e mia sorella. Finché non sono arrivata in Italia, i vestiti che portavo erano stati confezionati da questa donna minuta, snella e piena di energia. Anche le mutande con il pizzo erano fatte a mano. Ricordo delle meravigliose sottogonne che mi davano la sensazione di essere una principessa uscita dalle fiabe.
Mia nonna conservava i rocchetti di vari colori in un cestino di paglia a forma cilindrica. Il suo colore era un beige naturale e vicino alle basi correva un cerchio azzurro.
In questo cestino c’erano le meraviglie della sua creatività: nastri colorati, spilli, aghi di tutte le misure, spolette di tanti colori ed anche l’astuccio dei suoi occhiali.
Mia nonna per cucire sedeva su una sedia e poggiava a terra il cestino di lavoro.
Mi accucciavo per terra accanto al cestino, iniziavo a svuotarlo ed a immaginare storie.
La chiave
È antiquata, pesante, per porte d’altri tempi. È simile a quella del baule massiccio che si trovava nell’ ultimo stanzone, in fondo al corridoio, nella casa dei nonni. Già allora quel casone era abitato solo in parte, alcuni figli si erano sposati ed erano emigrati, oppure avevano preso a mezzadria altre campagne. Quella stanza era il nostro rifugio, nelle estati torride che non finivano mai. Avevamo scoperta per caso la chiave di quell’ enorme baule, era finita in un pagliericcio, un enorme saccone di tela ruvida, a righe bianche e nere, riempito di “scartoz”, le foglie secche delle pannocchie. Ci rotolavamo sopra, tra crepitii e scricchiolii, finché un giorno, attraverso uno strappo nella tela, avvertii un oggetto duro, pungente: la chiave.
L’avevamo cercata ovunque, volevamo scoprire il contenuto di quell’enorme cassone: finalmente!
Armeggiai cautamente con la serratura, più e più volte, finché un clik! Uno scatto sordo, impolverato, un suono musicale e dolce alle nostre orecchie: il baule era aperto.
Con grande attenzione sollevammo il coperchio pesante, aprimmo un balcone per illuminare meglio la stanza, c’era qualcosa in fondo, un’altra cassetta di legno …
La estraemmo con cautela, nessuno parlava: chissà quali sorprese ci attendevano, lettere di altri paesi, cartoline dagli zii emigrati, fotografie, monete antiche? Vecchi giocattoli? Ricordo tutto di quella sera d’estate, l’anta del balcone che cigolava sul cardine arrugginito, la ragnatela che penzolava dalla lampadina fulminata, l’ultima luce del tramonto, il luccichio riflesso negli occhi di mio fratello. La scatola era nelle nostre mani, la stanza quasi buia: trepidanti, la appoggiammo sopra il baule, provammo ad alzare il coperchio: era chiuso a chiave.
Memorie sensoriali
Lo” swissh swissh “ delle ruote della bici sull’ asfalto bagnato. Lo scricchiolio della ghiaia, o il fruscio delle foglie secche, passo dopo passo. Lo schianto del ciocco di legno nella stufa, avvolto dalle fiamme.
Lo sfrigolio del soffritto, il borbottio della pentola di fagioli, il “ tatatà” del coltello che trita il prezzemolo.
Il ploch (!) della goccia dal rubinetto che perde. Il crach (!) di un piatto che cade a terra (o che viene lanciato dalla finestra …)
Lettera al personaggio. “L’urlo” di Edward Munch
Carissimo Edward,
ho ricevuto la tua ultima foto, del tramonto, nel fiordo di Oslo, che hai fatto ieri sera con Alfred e David dopo il solito aperitivo che prendete da Helmut.
Ma Edward non puoi tutte le sere tracannare birra, prosecco, gin tonic, negroni, saltare la cena e poi cercare di tornare a casa per il solito viale e a ogni bella ragazza che ti passa vicino restare sbalordito, spalancare gli occhi, stringere le guance con le mani e urlare che hai visto Belen, sabato Angelina Joly e ieri Byoncè!
Poi Alfred e David si allontanano e ti lasciano solo per non fare figuracce!
Comunque domani aspetto le foto dell’aurora boreale che farai a nord e mi raccomando pochi spriz perché Monica Bellucci è già tornata a Roma.
Con affetto …
L’udito i suoni
Per strano che sia, pensando ai suoni, ho invece ricordato il silenzio. L’unica cosa bella del lock down per il covid: era sparito l’onnipresente lontano rumore del traffico e c’era invece solo il canto degli uccellini, l’abbaiare sporadico di un cane, il fruscio delle foglie al soffio del vento.
E di tanto in tanto la sirena di un’ambulanza, purtroppo.
Di recente dopo una pesante grandinata a luglio ho notato un silenzio insolito. Dormivo con una finestra aperta per il caldo e alle prime luci dell’alba iniziava il canto e il cinguettio degli uccellini.
Ma non dopo la grandinata. Ho capito allora che la tempesta non aveva solo rotto cristalli e danneggiato carrozzerie di auto, tetti e pannelli fotovoltaici, aveva anche fatto tante piccole vittime indifese.
È stato molto triste capirlo …
Un barattolo con pennarelli e forbici
Dialogo
“Buongiorno a voi pennarelli e matite, ciao forbici e temperini! Cosa fate là tutti ammucchiati e polverosi sulla scrivania? “
“Siamo un po’ tristi, non abbiamo idee … aspettiamo che Lei torni …”
“Ma lo sapete no … Beh, venite qua che vi spolvero un po’ … io.
Ecco pennarelli in fila da una parte, le matite col temperino dall’altra e le forbici vicine vicine in ordine di grandezza.
Tu colore rosa! Vai al tuo posto! Si, lo so, eri il suo preferito, ma perché devi metterti sempre in mostra?
Matite nuove o smozzicate state tranquille. Nessuno vi tempera più fino allo sfinimento per cercare la punta sottilissima.
E voi forbicette poco affilate, con le punte arrotondate per non fare male, state aspettando il Radiocorriere ? Per ritagliare i programmi preferiti o qualche frase molto significativa ?
La vedete anche voi ? Seduta per terra a gambe incrociate , come un piccolo Budda, con tutti voi a disposizione schierati come soldatini …
Aspettate … adesso vi rimetto a posto come facevo ogni sera … Sì …
Ma non è più uguale …”
Lettere ai personaggi. “Il furto di Mona Lisa” di Vincent Van Gogh (fotocollage)
Caro Vincent,
per la prima volta vedo un’immagine di te che non mi rimanda tristezza e dolore.
Non sei diverso dal solito, ma è chi hai accanto che fa la differenza.
Sembri molto pericoloso con quell’arma in mano, ma ti serve per difendere quella creatura accanto a te, che ti permette – forse – di trovare un po’ di pace.
Cara Lisa, divina creatura
Tu non temi niente.
Il tuo sguardo è intenso.
Tu non hai paura, ma pacatezza e ironia.
Tu vedi, senti ma sei tranquilla.
Vivi nella dimensione straordinaria di grande consapevolezza.
Grazie Leonardo
Lettera al personaggio. “La ragazza alla finestra” di Salvador Dalì
Filastrocca semiseria.
Le maestre fantasiose
qualche volta dispettose
mi hanno detto “ Scrivi a lei…”
Scrivere a te
come tu fossi mia zia
Non ti sembra una pazzia?!
Scrivere a te
che non esisti
che neanche lo sapresti.
Scrivere a te
che sei di carta,
forse è meglio far ‘na torta!
Scrivere a te…
ma tu pensi sia normale?
Tu sei solo surreale!
A chi scrivo io da qui!?
Al tuo autore che è Dalì?
Lui ormai si è dileguato,
bell’ impiccio mi ha lasciato!
Va bene … Scrivo a te che stai appoggiata al davanzale
mentre il panico mi assale.
Tu non abiti il reale
nessuno e niente ti fa male
Tu non vivi in questo mondo
non sai neanche che è rotondo.
Tu stai immobile, ingessata
dalla finestra incorniciata.
Non sei stanca di guardare
sempre e solo questo mare?
Ricoperta da quel morbido vestito …
cosa aspetti? Un invito? Tuo marito?
Tu puoi vivere di niente
o hai bisogno di un cliente?
Nata sei da mente estrosa
che da tempo già riposa …
E tu, invece , sempre nella stessa posa
sempre fresca come rosa!
Scusa , sai , se non ti voglio assomigliare
ancorata a galleggiare.
Preferisco navigare
anche a costo di rischiare, di cadere e di soffrire!
Sai, a te voglio augurare
di rinascere reale
che è molto più che esistere per farsi rimirare!
Cordialmente