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“Ricardo Perucolo il pittore al rogo” all’inaugurazione del 18° anno accademico
Martedì 13 ottobre 2020 all’Inaugurazione del 18° anno accademico, che si è tenuta nell’Auditorium Dina Orsi a Parè di Conegliano, Carlo De Poi del Collettivo di Ricerca Teatrale di Vittorio Veneto, accompagnato al liuto dal maestro Luca Dal Cin, che ha eseguito musiche del Cinquecento, ha presentato la storia di Ricardo Perucolo un pittore bruciato al rogo nel 1568 a Conegliano perchè eretico.
Presentazione di Carlo De Poi
La Marca Trevigiana si rivela nel ‘500 territorio ricco di movimenti religiosi che il successivo svolgersi della Storia dichiarerà “eretici” solo perché perdenti. Due i principali gruppi che si formano attorno alla metà del ‘500: quello Serravallese che avrà come riferimento Marcantonio Flaminio e Alessandro Citolini e quello Coneglianese ispirato dal Vescovo Centanni e probabilmente anche da Vergerio, Vescovo di Capodistria.
Lo scontro in atto all’interno della Chiesa è violento e drammatico tra chi vuole mantenere lo status quo – privilegi e potere – e i movimenti che chiedono un ritorno alla Chiesa delle origini. In Italia il punto di riferimento per questo secondo è il Cardinale Reginald Poole.
Già dalle prime fasi del Concilio di Trento, iniziato nel 1545, si può intuire che saranno deluse le speranze dei rinnovatori di giungere alla conciliazione fra le varie parti: il Cardinal Poole, già agli inizi del 1546, abbandonerà il Concilio, ufficialmente, per motivi di salute. Nel 1549, per un solo voto non sarà eletto Papa.
Negli stessi anni la Chiesa Romana ridà grande spazio e potere ai Tribunali dell’Inquisizione e alla repressione di ogni forma di dissenso e contestazione.
La vita di Ricardo Perucolo, depentor de Conejan, si svolge all’interno di questo contesto. Pochi i documenti, poche le tracce lasciate, quasi nulle le sue opere rimaste; quasi si sia voluto cancellarne la memoria. Eppure, grazie al meticoloso e appassionato lavoro di ricerca di due grandi storici e studiosi di storia dell’arte, Lionello Puppi e Giandomenico Romanelli, abbiamo oggi due testi straordinari “Un trono di fuoco” e “Il pittore imprigionato”, che ricostruiscono la sua tragica vicenda e la sua tremenda fine sul rogo tra il 22 febbraio e la metà di marzo del 1568.
Ricardo Perucolo, seppur figlio di un modesto muratore, probabilmente grazie ai sacrifici della famiglia, ha la possibilità di frequentare le scuole a Conegliano, poi di diventare maestro pittore, insomma di avere una vita diversa e socialmente migliore. Ha un difetto, grave per il suo e per ogni tempo: non sopporta le ingiustizie, le sopraffazioni, il potere cieco, ottuso e violento. Crede e combatte per il rinnovamento sociale e religioso della sua epoca.
Nel 1549, grazie alla rete di delatori, spie e inquisitori efficientemente creata ed organizzata da Monsignor Giovanni della Casa – si, proprio lui, quello del Galateo – viene arrestato per eresia, torturato e condannato all’abiura pubblica ogni domenica per un anno e mezzo. Passerà poi quasi vent’anni nell’ombra, mantenendosi però fedele alle sue idee. Ma la rete inquisitoria continuerà a funzionare e alla fine lo porterà al secondo arresto e alla pena capitale perché “relapso”, ricaduto nell’eresia.
Ricardo Perucolo è un pesce piccolo, travolto e straziato dalle bufere della Storia, sicuramente poco significativo per il contributo che ha portato al movimento in cui credeva. Eppure, o forse proprio per questo, mi sono appassionato a lui, piccolo uomo, senza protezioni, che ha combattuto la sua battaglia ideale in solitudine – se non per il suo grande amico, collega, confidente e complice, con lui condannato, Nicolò Dalle Monache – a lui che, malgrado tutto, è rimasto coerente con le sue idee, continuando a combattere fino alla fine per garantire, almeno a se stesso, la dignità di uomo.